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Francesco Forgione

Un cento per la vita

A 22 anni conquista la maturità con il massimo dei voti. È Francesco Forgione, di Ancona, in carrozzina fin da bambino a causa della distrofia di Duchenne.
Da 11 anni gioca a wheelchair hockey nei Dolphins Ancona, compresi tre raduni in nazionale. Il suo ruolo? Quello di portiere, un ruolo delicato, da osservatore privilegiato di cosa avviene sul campo da gioco. Servono grandi capacità di concentrazione e prontezza nel prendere decisioni che possono cambiare il corso della partita.
Ama la fotografia perché è un altro modo di guardare il mondo, da angolazioni diverse. E tutto quello che è grafica, video making, arti visive e comunicazione.

 

Raccontaci il tuo percorso scolastico.

Ero iscritto al quinto anno in un istituto tecnico, esperienza non semplice per la mia patologia e per le persone che ho incontrato nel mio percorso. Dovevo seguire una programmazione a obiettivi minimi, invece è stato deciso che non avevo le capacità sufficienti per farlo. Quindi mi hanno fatto seguire una programmazione semplificata con cui, alla maturità, avrei ricevuto solo un attestato.

Per questo ho deciso di cambiare scuola: mi sono iscritto a un istituto professionale di grafica, la mia passione da molto tempo. È stata dura perché sono ripartito dal terzo anno per approfondire soprattutto le materie di indirizzo.
Nella nuova scuola mi sono sentito finalmente uno studente, alla pari degli altri, ho trovato supporto da insegnati e compagni di classe. Ho potuto seguire una programmazione quasi normale, l’ambiente scolastico che ho trovato mi ha permesso di lavorare meglio, dandomi fiducia e stimoli per crescere.

 

Ti sei diplomato presentando un cortometraggio che racconta il lockdown.

L’idea è nata perché il professore di fotografia ci aveva dato un compito, quello di fotografare l’interno delle nostre case durante il periodo del lockdown. Per il colloquio di maturità, partendo da questo spunto, ho realizzato il cortometraggio “Into the silence”, un viaggio introspettivo per raccontare il silenzio, quasi irreale, che ci avvolgeva durante la quarantena. Il professore di fotografia mi ha dato un grande aiuto in questo progetto, gli sono grato perché mi ha trasmesso i suoi insegnamenti e le sue passioni.

 

Come hai vissuto questo periodo di quarantena scolastica?

Mi ha offerto mille opportunità, ho scoperto cose di me che non sapevo. Nonostante la distanza dai compagni di classe e il dispiacere di non trascorrere insieme gli ultimi 100 giorni di scuola, sento che ci siamo uniti ancora di più.
 

Quali sono gli ingredienti per una scuola più inclusiva?

Il primo è l’umanità delle persone, al di là delle nozioni che vengono trasmesse. Nessuno studente deve essere messo da parte. Il secondo elemento è l’accessibilità, l’eliminazione di barriere fisiche e sensoriali.
Una scuola inclusiva è una scuola che offre a tutti gli studenti gli stessi strumenti e possibilità.

 

I tuoi sogni nel cassetto?

Amo fare passeggiate, trekking. Per questo sogno di fare il cammino di Santiago nel 2021. Mi sto organizzando per trovare persone che vogliano vivere questa esperienza con me.
Altro progetto: continuare a studiare grafica, arti visive, video making. Sono curioso, mi piace studiare, approfondire. Voglio iscrivermi all’Accademia delle Belle Arti di Macerata. Ho un assistente personale per 30 ore alla settimana, non mi è possibile quindi spostarmi di più. Anche se il mio sogno è di trasferirmi in altre città, al di fuori della mia regione. Ma dovrei farmi assistere dai miei genitori e non lo trovo giusto, sono adulto. Non c’è autonomia o Vita indipendente senza la possibilità di un’assistenza 24 h su 24 per la persona con disabilità.

(ap)

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