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finale (1)

Oltre i confini: la fine del viaggio

Il viaggio di Renata e Max oltre i confini volge al termine. Resta ancora cose da scoprire, persone da incontrare.

6° GIORNO Nogales – Tucson. IL MISSILE
«In questo viaggio sto incontrando tante forme diverse di “segregazione”. Non esistono solo le barriere fisiche a impedirci di esprimere il nostro essere, ma anche barriere mentali che ci impongono e ci imponiamo. Oggi vi racconterò di un “museo” totalmente accessibile e visitabile in carrozzina. Eppure, al suo interno la sensazione di non libertà è fortissima».

L’ex base missilistica intercontinentale, tra Nogales e Tucson, è l’unica ad essere stata mantenuta intatta e trasformata nel “Titan Missile Museum”, un’esposizione permanente.
La guida racconta della vita delle sei persone che alloggiavano alla base, pronti ad attivare, su ordine della Casa Bianca, un missile alto 30 metri, con una potenza seicento volte superiore alla bomba di Hiroshima. Un ordigno che avrebbe colpito un bersaglio a 10.000 km di distanza. Fortunatamente l’ordine di attivazione del missile non è mai arrivato.
«Durante la visita ho cercato di immedesimarmi in una delle persone che passavano giorni e notti all’interno della base a 60 metri di profondità». Per motivi di sicurezza dovevano essere sempre in due e trascorrevano le loro giornate manutenendo il missile, in caso fosse necessario attivarlo. «Chissà come facevano a “manutenere” anche il loro stato mentale e proteggerlo dallo stress».

7° GIORNO Tucson – Nogales – Tucson. CONTROLLO
Renata e Max hanno appuntamento con Dan Hernandez, militare del corpo dei Border Patrol, per conoscere  le attività di controllo svolte da quel corpo.
Caricano carrozzina e handbike sulla Jeep di ordinanza per arrivare a Tucson. La prima sosta è ai campi di allenamento, dove ci sono dei bellissimi Mustang utilizzati per i controlli a cavallo. C’è anche una riproduzione della “Fence” (il muro che divide USA e Messico) usato dai militari come addestramento per prevenire i passaggi.

Prossima sosta a Nogales, direttamente alla “fence” reale. Dan è convinto che non sia necessario un muro più alto, perché i loro controlli, insieme ai sensori nel deserto, le telecamere, le perlustrazioni aeree e a cavallo, e a tutto ciò che è previsto per la sicurezza, siano sufficienti. Mentre sono in visita al “fence” non avviene nulla di particolare, nessun arresto o altro.

«Il tempo è scaduto. Sono felice di aver ripercorso questo viaggio insieme a voi, ma adesso dobbiamo tornare alla vita di tutti i giorni. Rimane il ricordo di chi abbiamo conosciuto, di cosa abbiamo visto. Ogni volta che si torna da un viaggio si è diversi, le esperienze che abbiamo vissuto ci cambiano inconsapevolmente. Non sarà una malattia genetica a fermarmi, sono ancora più convinta di proseguire per la mia strada: la ricerca mi permette una libertà che anni fa ad altri nella mia stessa condizione era negata».

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