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Il cast del programma “Piccole donne”.

A.A.A. cercasi disabile cool

di Valentina Boscolo

 

Cresce il numero dei reality che hanno per protagonisti persone con disabilità. È indice di una nuova attenzione verso queste persone, oppure la spia di una caccia agli ascolti che non disdegna la spettacolarizzazione delle persone con disabilità e delle loro vite? Valentina Boscolo ha, in proposito, idee molto chiare.

 

Il cast del programma “Piccole donne”. Il cast del programma “Piccole donne”.

In principio erano loro: le Push Girls.

Il quattro giugno 2012 su Sundance Channel hanno fatto la loro comparsa sul teleschermo quattro bellissime ragazze, quelle che attualmente definiremmo delle “cougar” (ossia, panterone), con le loro acconciature rock’n’roll, il trucco esagerato e gli abiti sexy portavano a spasso per l’America l’orgoglio di essere donne vincenti. In sedia a rotelle, naturalmente.

Il fenomeno Push girls infiammò la stampa nostrana e anche la sottoscritta che si aspettava una rivoluzione di pensiero in cui finalmente la donna disabile non fosse più vista come una povera derelitta, ma come una persona comune dalla vita appagante.

Purtroppo, dopo l’iniziale polverone, in Italia il programma non trovò terreno fertile e si spense come una meteora.

La disabilità vincente non sembrava interessare finché su Realtime non sono iniziati a proliferare programmi come “The Undateables: L’amore non ha barriere” (letteralmente gli “impresentabili”) in cui persone dalle disabilità fisiche evidenti venivano fatti conoscere allo scopo di far nascere l’amore tra i partecipanti.

Poi è stata la volta di “Questo piccolo grande amore” in cui Jen e Bill due affermati professionisti (lei medico, lui commerciante), affetti entrambi da nanismo, ci hanno mostrato la loro storia d’amore culminata con l’adozione di due bambini anch’essi nani.

Seguono a ruota ”Piccole donne”, format in cui un gruppo di grintosissime donne affette anch’esse da nanismo mostrano la loro amicizia e la loro vita decisamente sopra le righe e costellata di eccessi; e, sempre nella medesima emittente, “My shocking love” in cui Hanna, una deliziosa diciottenne alta 45 cm., ci mostra la sua sfida di cercare il vero amore.

Chi scrive ha una disabilità fisica importante, che fa sì che non possa essere autosufficiente e muovermi se non con una carrozzina.

Ho aspettato con ansia il momento in cui la disabilità avrebbe trovato spazio nei mass media, in modo assolutamente scevro da pietismi e da immagini negative. Un’immagine graffiante, accattivante e positiva dell’handicap è quello che ci vuole per scardinare i pregiudizi, mi dicevo.

Ma evidentemente sbagliavo.

La tv, come un enorme tritacarne, ha fagocitato le vite “diverse” di queste persone e le ha trasformate in fenomeni da baraccone, orride caricature di se stesse.

La società americana, per cui questi format sono stati pensati, pullula di “Freaks” ed è assolutamente normale per loro mostrare delle vite patinate, stravolte e assolutamente fasulle per fare ascolti.

Le persone disabili, specialmente giovani, superata la fase di lotta interiore contro se stessi, sentono spesso il bisogno di riscatto, di rivincita, come a dire: ”Ehi, sono qui!” “Esisto anch’io, vivo e non mi sento un perdente”. È così che si inizia a cercare visibilità e risalto anche grazie a questi programmi, che, però, non hanno un intento divulgativo e sociale, ma semplicemente quello di sbancare gli ascolti con storie scioccanti.

Personalmente, da donna disabile fisica, che lavora, cura il suo aspetto, ma senza sembrare un clown, ha relazioni amicali e affettive senza alcun tipo di clamore e sensazionalismo, continua a sognare il momento in cui i media, in particolare la tv, porterà sullo schermo questo tipo di vita che comprende anche il non essere autosufficienti, l’avere bisogno di altre persone per condurre una vita attiva, ma lo fa con orgoglio ed in modo assolutamente normale.

A mio avviso, la società non ha bisogno necessariamente di estremismi (o sei la disabile brutta e inutile o sei la bellona autonoma e rampante), ma di verità che possano essere d’esempio, verità in cui i giovani e meno giovani possano identificarsi e trovare stimoli e conforto.

 

Ultimo aggiornamento: 18 novembre 2015

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