di Francesca Arcadu
Il seminario proposto quest’anno dal Gruppo Donne, dal titolo “Quale che sia il corpo!”, è nato in linea di continuità con le passate attività. Il tema affrontato è stato quello delle tecniche di espressione dei linguaggi corporei.
L’affettività, l’auto accettazione e la sessualità passano anche attraverso la capacità e la possibilità di sapersi e potersi esprimere col corpo. Tutto questo nella prospettiva di una disabilità che, necessariamente, rimette in gioco gli schemi abituali dell’espressione corporea e conduce a percorsi personali di rielaborazione della propria fisicità.
L’incontro, condotto dallo psicomotricista Sauro Macera, per la prima volta ha visto il coinvolgimento di uomini e donne, disabili e non in una prospettiva di integrazione, obiettivo costante del Gruppo. Si è voluto allargare agli uomini un discorso che non appartiene necessariamente alle donne, che è patrimonio di tutti coloro che fanno parte della Uildm, così come il confronto con persone non disabili, come momento di crescita e arricchimento per entrambi.
Il seminario, al quale hanno preso parte circa venti persone, si è svolto nell’arco di una giornata, durante la quale Sauro ha proposto diversi esercizi ed offerto momenti di relazione tra i partecipanti.
Durante la mattinata gli esercizi proposti sono consistiti principalmente nell’espressione di sensazioni e stati d’animo attraverso movimenti piccoli e grandi, ampi e limitati a seconda dell’impedimento causato dalla disabilità ma non solo, anche dalla difficoltà, per le persone non disabili, a comunicare consapevolmente solo attraverso la fisicità.
Il valore dato ad ogni singolo gesto, al rapporto col proprio corpo, sono stati determinanti per permettere a ciascuno dei presenti di esprimersi e relazionarsi con l’altro. I momenti successivi, di interazione tra i presenti, sono serviti per creare empatia e dimostrare quanto sia importante il saper ascoltare l’altro, interpretarne il linguaggio corporeo. Ciascuno dei partecipanti, divisi in coppie, nel comunicare un movimento e nell’interpretare quello espresso dal proprio compagno, è stato messo nella condizione di immedesimarsi nell’altro, vivere attraverso la sua fisicità e farla propria.
Durante la mattinata dunque, si è cercato di prendere coscienza della capacità di movimento, del valore gestuale e di creare affiatamento nel gruppo, mentre nel pomeriggio il lavoro è stato mirato esclusivamente all’interazione tra i presenti. Attraverso l’uso della musica, la proiezione di immagini su una parete, ciascuno dei partecipanti è stato invitato ad interpretare le figure proiettate, i colori, le sensazioni suscitate. Piccoli gruppi che hanno dato vita a delle vere e proprie rappresentazioni estemporanee, fatte di gesti incrociati, emozioni condivise, movimenti lievi e limitati che, completandosi a vicenda, regalavano un’armonia finale inaspettata.
Sauro, nello scegliere gli interpreti delle immagini e del sottofondo musicale, ha cercato di sfruttare quanto espresso durante la mattinata da ciascuno dei partecipanti, interpretandone il carattere, le difficoltà di movimento, in maniera tale che ogni immagine potesse tirare fuori un po’ l’essenza di ciascuno al momento dell’interpretazione.
Si è cercato di superare la disabilità, ostacolo nei movimenti, attraverso l’interpretazione, la carica emotiva data ad ogni minimo gesto. E’ stato bello vedere persone con disabilità e senza arrivare ad una sorta di linguaggio comune dei corpi, nel quale conta ciò che si vuol esprimere più del come si riesce ad esprimerlo.
Al termine della giornata si è creata un’energia che molti dei presenti hanno avvertito e trasmesso agli altri, nata dalla presa di coscienza di sé, del fatto di essersi messi in discussione, aver provato a superare ostacoli mentali e fisici ed aver probabilmente acquisito maggior consapevolezza del proprio potenziale espressivo.
Il confronto tra uomini, donne, disabili e non ha arricchito questa esperienza di sfumature che solo il confronto tra punti di vista differenti può dare.
Il gregge delle sensazioni…
Sono un guardiano di greggi.
Il gregge è i miei pensieri.
E i miei pensieri sono tutti sensazioni.
Penso con gli occhi e con gli orecchi
e con le mani e i piedi
e con il naso e la bocca.
Pensare un fiore è vederlo e odorarlo
e mangiare un frutto è saperne il senso.
Perciò quando in un giorno di calura
sento la tristezza di goderlo tanto,
e mi corico tra l’erba
chiudendo gli occhi accaldati,
sento tutto il mio corpo immerso nella realtà,
so la verità e sono felice.
[…]
Se potessi mordere la terra intera
e sentirne il sapore,
sarei per un momento più felice.
Ogni tanto è necessario essere infelici
per poter essere naturali.
da “Il guardiano di greggi” di Fernando Pessoa
nelle vesti di uno dei suoi eteronimi Alberto Caeiro