Ruoli imposti e ruoli negati
di Gaia Valmarin
Durante le manifestazioni della quarantacinquesima Assemblea Nazionale UILDM uno degli appuntamenti ormai storici è il seminario del Gruppo Donne, che infatti ha aperto i lavori ricordando il decimo anno della sua fondazione. L’incontro, guidato da Massima Baldocchi e Virginia Del Re, dell’Associazione Casa della donna di Pisa, verteva sul tema dei ruoli imposti e ruoli negati.
Cerchiamo di comprendere quale è stato il filo conduttore che ha unito i pensieri e le considerazioni dei partecipanti. Che cosa intendiamo con il termine “ruolo”: se consultiamo il dizionario possiamo trovare “atteggiamento che assume un individuo all’interno di un gruppo o un sistema sociale, legato alla funzione che ricopre e determinato dall’interazione tra i comportamenti dei componenti del gruppo o del sistema sociale stesso”. Usando una terminologia più vicina alla nostra quotidianità, potremmo paragonare il ruolo che una persona riveste nella società a quello di un personaggio all’interno di una rappresentazione scenica. Come una commedia ci si aspetta che un dato personaggio abbia sempre lo stesso comportamento, così nella vita ci si aspetta che le persone abbiano un prestabilito atteggiamento a seconda della loro età, sesso o livello economico. Durante la discussione si è tentato di far emergere quali erano i ruoli che solitamente ci si aspetta che una donna rivesta. Da sempre, possiamo veramente dire fin dall’antichità, alle bambine venivano regalate bambole che rappresentassero neonati o loro stesse da adulte ormai formate, inoltre pentoline e mobiletti per affezionarle all’idea che il loro futuro sarebbe stato quello di riprodursi, curare la prole e la casa. È scontato che una bambina in seguito una ragazza debba curare il proprio aspetto con vestiti e monili per rendersi attraente tanto da farsi corteggiare, sposare e di conseguenza riprodurre la specie. In sintesi dalle donne ci si è sempre aspettati in ogni momento storico che adempiano al loro ruolo di mogli e di madri, che curino la famiglia e che in generale, grazie ad una dote quasi genetica, si occupino con il loro lavoro delle fasce deboli della società come ad esempio anziani e malati. Non è raro sentir dire che la società odierna vive una situazione di malessere, anche perché le donne hanno perso il loro ruolo stabilito per prendere quello più tipicamente maschile di personaggio attivo e impegnato nel lavoro, nello studio e nella realizzazione personale.
Se è scontato che una donna occupi questi ruoli, da una donna disabile ci si aspetta proprio che non li rivesta. Il seminario è stato incentrato proprio sui ruoli negati alla donna disabile. Per cominciare, fin dall’infanzia e poi nell’adolescenza viene nascosta se non mortificata la femminilità della donna portatrice di un deficit. I genitori tendono a trattare la persona come se fosse costretta ad una perpetua infanzia, vestendola perfino come un’eterna bambina, negando il bisogno di evolversi e magari di attrarre un’altra persona. Nel pensiero comune, la donna disabile non avendo un corpo perfetto, seducente ed efficiente non potrà mai essere una compagna, sostenere un marito e badare ad una casa.
La maternità è un altro dei ruoli che, per usare un eufemismo, viene “sconsigliato” ad una disabile. Parenti, amici e spessissimo i medici stessi considerano una pazzia, un atto di egoismo che una donna non sana voglia mettere al mondo un figlio, come se questo per forza debba nascere malato o soffrire nella crescita avendo una madre con diverse abilità.
Sintetizzando le idee emerse dal confronto, si è compreso come nonostante il mutare della società, ancora alla donna viene demandato il ruolo di “angelo custode” attraente e affettuoso verso il marito e la famiglia in senso lato. Troppo spesso invece si considera la donna disabile non all’altezza di rivestire il ruolo di compagna e di madre, preferendola rinchiusa in uno stereotipo che la prevede come oggetto bisognoso di cure e assistenza e non come soggetto attivo nel donare sostegno e amore.
Tante sono le donne che attualmente subiscono violenze di ogni tipo, ma la donna disabile subisce quasi quotidianamente la violenza di vedere sacrificati e negati i desideri provenienti dal corpo e dalla propria anima.